Il misterioso legame tra la battaglia di Cerami e il blasone dei Ventimiglia

Ci sono battaglie entrate nell’immaginario collettivo perché emblema dello scontro tra potenze occidentali e potenze orientali. Uno scontro che non fu solo militare, ma anche culturale e religioso. Chi non ha sentito parlare della battaglia di Poitiers del 732 durante la quale Carlo Martello alla arrestò l’avanzata dell’esercito arabo-berbero in Europa, della battaglia navale di Lepanto del 1571 che vide scontrarsi la flotta cristiana della Lega Santa con l’impero ottomano, e ancora, della battaglia di Vienna nel 1683 nella quale l’esercito sconfisse l’esercito ottomano arrestandone definitivamente l’espansione. Poco conosciuta è, invece, la battaglia di Cerami, piccolo comune nella provincia di Enna, del 1063 che consentì al normanno Ruggero d’Altavilla di liberare definitivamente la Sicilia dalla presenza dei saraceni.

Quanto è andato dimenticato:

 

La battaglia di Cerami

La battaglia di Cerami viene raccontata dal monaco benedettino Goffredo Malaterra in “De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae”. Secondo le cronache del monaco benedettino, a scontarsi sul campo di battaglia ci furono solo centotrentasei normanni contro ben cinquantamila saraceni. Prima dello scontro Ruggero e suo nipote Serlone fecero recitare ai loro uomini il Vangelo. Ma ciò non valse a vincere il primo scontro che volse a favore dei Saraceni. Ruggero, allora, chiese l’aiuto dei suoi santi protettori: San Michele e San Giorgio. I due santi comparvero improvvisamente sul campo di battaglia e diedero coraggio ai militari dello schieramento normanno, che combatterono una battaglia all’ultimo sangue, dalla quale ne uscirono vincitori.

 

Il legame tra la famiglia Ventimiglia e la battaglia di Cerami

Legata alle vicende della Battaglia di Cerami è una delle famiglie più importanti del Regno di Sicilia: I Ventimiglia. Secondo vari storici e genealogisti, i Ventimiglia erano discendenti degli Altavilla, nello specifico di Riccardo Serlone, figlio di Tancredi, il fratello del conte Ruggero. Discendenza molto utile per i Ventimiglia che potevano vantare di essere la più antica famiglia aristocratica della Sicilia, in un’epoca in cui si assisteva alla scalata sociale di famiglie feudatarie di più recente nobilitazione. A testimonianza di questa importante discendenza, Giuseppe Sancetta, storico e gentiluomo palermitano vissuto nel XVI secolo, individuò nel cognome Ventimiglia l’assonanza con ventimila, ovvero il numero dei normanni presenti sul campo di battaglia di Celami. Inoltre, i colori del blasone dalla famiglia Ventimiglia prese i colori, oro e rosso, della bandiera attaccata alla lancia che un angelo aveva donato a Ruggero prima della battaglia.

 

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