Le tradizionali ceramiche di Caltagirone

La città di Caltagirone si trova tra i monti Erei e i monti Iblei, a 611 m sul livello del mare, nella Val di Noto, in provincia di Catania, nel cuore della Sicilia. Nel 2002 la Val di Noto è stata inserita nella Lista del patrimonio dell’Umanità UNESCO per le sue celebri città tardo-barocche: Caltagirone, Catania, Militello in Val di Catania, Modica, Noto, Palazzolo, Ragusa e Scicli. Tra le particolarità di Caltagirone spicca un’antica tradizione artigianale locale, quella delle ceramiche.

Le tradizionali ceramiche di Caltagirone:

 

Caltagirone, la “Rocca dei Vasi”

Il nome stesso della città Caltagirone deriva dall’espressione araba Qal’at al Ghiran, letteralmente la “Rocca dei Vasi”. La presenza umana in loco è documentata già da antichissime necropoli preistoriche. Da alcuni reperti si evince che già nel Neolitico in zona si lavorasse la ceramica. Oggi molti di questi sono esposti nel Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone. Nel lontano 827 i ceramisti arabi si sono insediati a Qal’at al Ghiran, riproponendo tecniche tipicamente utilizzate a Oriente, dando quindi un nuovo impulso all’arte ceramica siciliana del Medioevo. D’altronde, nel corso dei secoli la Sicilia è stata colonizzata da molti differenti popoli: i Fenici, i Greci, i Cartaginesi, i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Spagnoli e i Francesi. Ogni popolo ha lasciato traccia di sé, importando sull’isola anche importanti tecniche di lavorazione artigianale della ceramica. Le argille della zona, di altissima qualità, si sono prestate in modo egregio ad essere lavorate in diverso modo. L’arte ceramica siciliana si è quindi evoluta reinterpretando continuamente nuove influenze, mantenendo però sempre un’identità più che mai caratteristica.

 

Lo splendore della Caltagirone Barocca

Come molte altre città della stessa zona, Caltagirone ha vissuto un’epoca d’oro nel periodo Barocco. Diversi documenti testimoniano che già nel Cinquecento a Caltagirone erano attive più di cento officine di maiolicari. Il mercato delle ceramiche era molto fiorente. Tuttavia, nel 1693, tra il 9 e l’11 gennaio questa prosperità subisce un tragico arresto: un terremoto violentissimo devasta tutta la Sicilia orientale. Vengono distrutti più di 45 centri abitati, muoiono circa 60.000 persone, molte sorprese dalle scosse nel pieno del sonno. Le opere in ceramica superstiti sono pochissime. Le officine ceramiste caltagironesi interrompono la loro produzione.

 

La rinascita dell’arte ceramica di Caltagirone

Nel XVIII secolo i mastri ceramisti di Caltagirone tornano progressivamente a produrre. Nascono nuove correnti artistiche, si prediligono ornati floreali e disegni geometrici. Si producono vasi con ornati a rilievo, acquasantiere, paliotti d’altare, statuette, decorazioni per le chiese, e non solo. Si producono anche lavabi e decorazioni per le case private più belle e sfarzose. Restano alla storia i nomi di grandi maestri come i Branciforti, i Bertolone, i Blandini, i Capoccia, i Di Bartolo, i Dragotta, i Polizzi e i Ventimiglia.
Nell’Ottocento vengono introdotti nuovi materiali nell’edilizia e nella produzione industriale, l’arte ceramica siciliana inizia quindi lentamente a declinare. Tuttavia, Don Luigi Sturzo ha voluto raccogliere i massimi esponenti della tradizione artigiana sicula all’epoca in vita per creare la Scuola di Ceramica di Caltagirone, oggi Istituto Statale d’Arte per la Ceramica.

 

L’arte ceramica di Caltagirone oggi

Ancora oggi questo tipo di arte viene insegnata e tramandata di padre in figlio. A Caltagirone la produzione ceramica continua ad essere eseguita interamente a mano. Ogni elemento prodotto è un pezzo unico, curato in ogni dettaglio da esperti maestri ceramisti. Tra i pezzi più celebri troviamo le tradizionali pigne siciliane, simbolo di prosperità, e le note teste di moro, una vera e propria icona della sicilianità, della sua storia e delle sue leggende. Oggetti di questo tipo sono vere e proprie opere d’arte, nonché splendidi ricordi un viaggio indimenticabile.


Photo Credits:

Foto di Hein56didden per Wikimedia

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